Di ritorno dall’Ilva. Quasi uno stabilimento modello: strade irrorate per evitare lo “spolveramento” delle polveri, lavoratori (i 30 che abbiamo conosciuto, su 11.000 dipendenti circa) muniti di tuta pulita e di tutti i dispositivi di sicurezza richiesti, dati incoraggianti sulla diminuzione delle percentuali di emissioni di polveri, piani di intervento che fanno ben sperare ad una conversione ambientale dello stabilimento.
Poi parli con i #lavoratori, con quei #dipendenti che da anni ingoiano ed inalano quotidianamente polverii, diossina, amianto e altre sostanze tossiche, e ti raccontano un’altra Ilva, che fatica a pagare gli #stipendi a fine mese, che non fornisce nè guanti nè scarpe antinfortunistica, che miete #vittime di tumori con una percentuale in forte aumento.
Ciò che ho visto oggi è l’ennesima riprova di come il #diritto alla #salute, il diritto all’#ambiente ed il diritto al #lavoro fatichino a coesistere all’interno (e all’esterno) dell’Ilva.
L’#impegno, la #caparbietà, la #determinazione di chi lavora lì dentro come dipendente, come tecnico, come responsabile porta alla speranza e all’ottimismo di vedere miglioramenti rispetto alla situazione attuale, ancorati a progressi già ottenuti da anni che fanno loro ben sperare in una prospettiva futura più rosea.
La nostra visione, ahimè, è più scettica; la mancanza di risorse #economiche adeguate per attuare un vero e proprio #risanamento, le condizioni attuali dello stabilimento e i tempi ristretti non ci danno alcuna speranza sul rispetto, nei tempi previsti, delle prescrizioni contenute nell’AIA (autorizzazione integrata ambientale).
E ogni giorno che passa è prezioso per la #vita e la #salute dei #cittadini tarantini e non, beni insacrificabili che si ritrovano ancora oggi bilanciati con interessi #economici.
La nostra #battaglia nn si ferma qui, continueremo a mantenere l’attenzione alta e a lottare affinchè i diritti fondamentali non vengano calpestati.