A distanza di 14 anni la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per reato di tortura in relazione a quanto avvenuto nella scuola Diaz durante il G8 di Genova. Quella inflitta all’Italia è una doppia condanna: viene riconosciuta sia la tortura ai manifestanti, sia la mancanza di una legislazione adeguata tale da permettere di sanzionare questo reato inumano e di prevenirne altri. Un voto legislativo che consente a coloro che commettono tale crimine di rimanere impuniti. In Italia il riconoscimento e l’introduzione del reato di tortura si trascina avanti da oltre due anni.
Davanti ai giudici di Strasburgo pendono altri due ricorsi presentati per i pestaggi e le umiliazioni inflitte durante i fatti avvenuti a Genova. In quei giorni accadde qualcosa di riprovevole per una democrazia occidentale: i più elementari diritti umani furono calpestati, in particolar modo quelli sanciti dall’articolo 3 della Convenzione dell’Unione europea sui diritti dell’uomo che vietano tortura, pene, trattamenti inumani o degradanti. Sentenze come queste testimoniano come nella civile Europa non sia per nulla scontato il rispetto dei diritti umani, le istituzioni europee hanno il dovere di rafforzare e rendere più efficace i meccanismi di monitoraggio, prevenzione e repressione delle violazioni dei diritti fondamentali negli Stati membri.