Ieri il presidente della Regione Calabria, il forzista Roberto Occhiuto, ha annunciato di aver firmato un’ordinanza con cui si trasferisce alla Regione lo smaltimento dei fanghi da depurazione, sollevando i Comuni e i gestori privati da tale competenza.
Questo perché da un monitoraggio ha potuto verificare come gli impianti depurativi della maggior parte dei Comuni calabresi di fatto siano obsoleti e sottodimensionati; ciò accade perché i fanghi non vengono adeguatamente smaltiti, spesso rimangono “fermi” negli impianti, compromettendone il funzionamento e quindi tutto il processo depurativo delle acque. Da qui il motivo per cui il bellissimo mare calabrese risulta purtroppo, in moltissimi tratti, inquinato.
Bene quindi questo atto se produce i risultati sperati: un sistema depurativo a regime.Ma non si può pensare che ciò solo basti per non vedere più il nostro mare inquinato: occorre affiancare tutta una serie di altre azioni che da tempo -personalmente è da otto anni che porto avanti battaglie, denunce e proposte in materia di depurazione – stiamo chiedendo alla Regione Calabria.Bisogna partire dalla trasparenza: da oltre vent’anni la Calabria riceve fondi da destinare all’efficientamento del comparto depurativo e siamo, letteralmente, all’anno zero. Si aggiorni la banca dati regionale sulla depurazione che è ferma a maggio 2020.
La Calabria, occorre ricordarlo, contribuisce con quasi la metà dei suoi agglomerati alle tre procedure d’infrazione in cui è coinvolta l’Italia a causa, appunto, delle condizioni di moltissimi impianti depurativi, un problema, quindi, noto a tutti, Commissione europea e Corte di giustizia europea comprese.La Calabria può e deve arrivare finalmente ad un ottimale sistema di depurazione delle acque reflue. Alle mie denunce ho sempre affiancato una serie di proposte per il raggiungimento di questo obiettivo quali:
1) Creazione/aggiornamento mappe comunali reti fognarie e ripartizione delle stesse per acque bianche ed acque nere;
2) Censimento ed allacciamento alla rete fognaria delle abitazioni non collettate;
3) Censimento impianti di depurazione funzionanti e non;
4) Programmazione organica di un piano di interventi relativo ai comuni costieri e montani che tenga conto delle priorità derivanti dalle procedure d’infrazione e dalle “emergenze depurative”;
5) Gestione totalmente pubblica delle piattaforme depurative (compreso lo smaltimento dei fanghi, la manutenzione ordinaria e straordinaria etc.) secondo criteri di efficacia ed efficienza;
6) Trasparenza nell’utilizzazione di fondi europei, nazionali e regionali attraverso cui colmare il deficit infrastrutturale del sistema depurativo calabrese;
7) Monitoraggio degli impianti di depurazione esistenti attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie: es. sensori di rilevazione di agenti inquinanti, droni, telecamere subacquee; Rilevamento condotte fognarie abusive, non segnalate o volutamente occultate;
9) Controllo delle attività di autospurgo;
10) Introduzione di nuovi sistemi di trattamento delle acque reflue per i Comuni più piccoli: es. fitodepurazione, microalghe.
Si riparta da qui e si restituisca ai calabresi un mare pulito e la tutela della salute pubblica che passa assolutamente dalla depurazione delle acque.