I flussi migratori e la loro gestione sono, come sappiamo, temi centrali del dibattito politico italiano ed europeo. Da alcuni mesi, le istituzioni dell’Unione stanno lavorando per apportare delle modifiche alle regole che sono state fin qui in vigore, il cosiddetto Dublino III, e per adottare misure che possano rendere migliore la gestione del fenomeno. Ad esempio, la Commissione Europea ha proposto un Regolamento per le procedure comuni di asilo nell’Unione. All’interno della commissione sulle Libertà Civili (Libe) del Parlamento Europeo, che è quella preposta alla valutazione di questo Regolamento prima che segua tutti gli altri passaggi per arrivare alla approvazione, ricopro il ruolo di relatore. Il mio compito, quindi, è quello di rappresentare il Parlamento e di confrontarmi con i vari relatori ombra, ovvero i delegati degli altri gruppi politici, per cercare di trovare una sintesi tra le tante posizioni e arrivare a un documento conclusivo che possa proseguire il suo iter verso, auspicabilmente, l’approvazione definitiva.
La riunione della commissione Libe che si è tenuta mercoledì mattina (3 Maggio) è stata la prima ad essere di natura politica, dopo i precedenti incontri con la Commissione finalizzati alla analisi del testo della proposta. In questa sede, infatti, ho presentato la mia relazione, in cui ho espresso alcune considerazioni specifiche sulla proposta della Commissione, e mi sono confrontata con i vari relatori ombra per capire e ascoltare da loro le opinioni dei vari gruppi politici. Le prossime tappe del nostro lavoro saranno ulteriori riunioni politiche che porteranno a un documento il più largamente condiviso all’interno della commissione Libe.
Obiettivi: rapidità e garanzia di diritti.
Siamo, quindi, al centro di un lavoro politico, di ascolto, discussione e mediazione, molto importante. Un lavoro che non deve perdere di vista due obiettivi, a mio avviso, imprescindibili: raggiungere una maggiore rapidità nello svolgimento delle procedure sulle richieste di asilo e garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali dei migranti.
In quest’ottica, ho sottolineato l’importanza basilare che le legislazioni e le procedure in materia di richiesta di asilo siano uguali in tutti gli Stati membri (la cosiddetta armonizzazione). Ora, infatti, non è così. Ogni Stato membro ha le sue regole in materia che, come è comprensibile, dobbiamo amalgamare in un sistema unico, comune ed europeo, appunto. Per questo, condivido il fatto che la Commissione abbia proposto un Regolamento, trattandosi di uno strumento obbligatorio in tutte le sue parti e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, senza eccezioni.
A garanzia dei diritti fondamentali dei migranti, poi, nella mia relazione, ho presentato alcune buone pratiche che ho conosciuto durante alcuni viaggi esplorativi. Ad esempio, ho proposto che vengano nominati un tutore per ogni minore non accompagnato e un mediatore culturale che possa aiutare a contestualizzare la corretta comprensione delle istanze dei richiedenti, oltre alla introduzione della registrazione audiovisiva delle interviste ai migranti, in sostituzione del verbale del colloquio, così come fa ormai da tempo OFPRA (Ufficio francese di protezione dei rifugiati e degli apolidi, per intenderci l’agenzia fancese che decide sulle richieste), a beneficio di una maggiore precisione ed efficienza senza ledere i diritti delle persone migranti.
La proposte della Commissione, punti positivi e negativi.
Per quanto riguarda le proposte della Commissione, queste contengono, a mio avviso, sia elementi positivi che negativi. Ad esempio, ritengo positivo il fatto che si preveda la presenza obbligatoria di un avvocato per il migrante durante tutte le fasi di analisi di una richiesta di asilo. Così come condivido che ci siano disposizioni particolari per i minori non accompagnati.
Criticabili sono, dall’altro lato, aspetti come l’uso obbligatorio della procedura di ammissibilità e della procedura accelerata. Dal mio punto di vista, infatti, verificare se una domanda sia ammissibile o meno dovrebbe restare facoltativo, e non diventare obbligatorio. Questo per il semplice fatto che, da un lato, si rischia di ledere i diritti dei richiedenti (si pensi alla verifica di ammissibilità, che non prevede un esame del merito della domanda di asilo), e, dall’altro, si rischia di allungare i tempi e i costi della procedura con ulteriori passaggi burocratici.